Pochi sono gli imprenditori consapevoli della digital disruption. Molti però ne subiscono gli effetti. È come se fossero colpiti da un virus: si ammalano senza capire il perché.
Di che stiamo parlando? Parliamo di come le tecnologie informatiche influenzano il mercato. Ragioniamo sui modi in cui l’innovazione digitale cambia le modalità d’interazione fra domanda e offerta. Il tema è cruciale: di fronte a radicali cambiamenti di mercato l’impresa ha due alternative: adattarsi o morire.
Come si manifesta il virus della digital disruption? Il settore italiano del commercio al dettaglio ce lo mostra chiaramente. Nel periodo che va dal 2008 al 2017 hanno chiuso i battenti quasi sessantatremila negozi in sede fissa, con un decremento del numero di imprese pari al 10,9% (fonte: Confcommercio, “Demografia d’impresa nei centri storici italiani”, 2018). Nello stesso periodo il fatturato e-commerce in Italia è cresciuto del 548% (fonte: Casaleggio & Associati, 2018). A livello mondiale, il fatturato complessivo dell’e-commerce B2C è di 3535 miliardi nel 2019 ma si prevede che salga a 6542 nei prossimi quattro anni (fonte: Statista, 2019).
I dati mostrano quanto è accaduto ma non lo spiegano. Le spiegazioni vanno cercate nei nuovi comportamenti di consumo che l’innovazione digitale ha reso possibili. Vediamo da che cosa sono influenzati questi comportamenti:
- va detto, per iniziare, che “il mezzo giustifica il fine”: disporre di un comodo sistema che, senza muoversi e senza perdere tempo, consente di comprare qualunque cosa è già una buona spiegazione.
- A ciò dobbiamo aggiungere i grandi progressi fatti nella logistica e la conseguente riduzione dei tempi di consegna dei prodotti.
- Osserviamo poi che, in internet, promozione e vendita sono contigui: un clic su un banner pubblicitario può portare istantaneamente sulle pagine dello shopping online.
- Indubbiamente è cresciuta l’affidabilità e la sicurezza dei sistemi di pagamento in rete: ciò ha reso più fiduciosi gli acquirenti, contribuendo ad aumentare la quantità transazioni.
- Più passa il tempo e più i prezzi degli e-store diventano competitivi. La pratica dello showroomig è ormai diffusissima: i clienti visitano i punti vendita in sede fissa non per comprare ma soltanto per esaminare i prodotti. Gli acquisti li fanno poi online.
- Non dimentichiamo, infine, che l’immaterialità è compensata dalla vastità. I consumatori vedono internet come un immenso e variegato centro commerciale dove ogni tipo di acquisto è possibile.
Osserviamo ora che cosa accade dal lato dell’offerta. Il cambiamento dei comportamenti di consumo spinge un numero crescente di imprenditori verso l’e-commerce. I motivi principali sono questi:
- il mercato online supera ogni limite geografico: i clienti sono ovunque, non solo nei dintorni del punto vendita
- fare a meno di un punto vendita fisico, “brick & mortar”, riduce notevolmente i costi
- un e-store non chiude mai: rimane aperto tutti i giorni 24 ore su ventiquattro, aumentando così le occasioni d’incontro con i clienti
- l’inventario si aggiorna automaticamente permettendo una più efficiente gestione delle scorte
- tramite le vendite online si acquisiscono informazioni preziose sui clienti, che consentono azioni di marketing più mirate ed efficaci
Riassumendo: l’e-commerce porta vantaggi tanto ai consumatori quanto alle imprese. Da notare che l’innovazione digitale non ha effetto solo sugli scambi commerciali. Come abbiamo visto, l’e-commerce modifica i sistemi della logistica, dei pagamenti, del marketing. A sua volta, il cambiamento di questi sistemi genera una retroazione sull’e-commerce facendolo evolvere ulteriormente.
Potremmo definire tutto ciò un circolo virtuoso, a patto che assumiamo il punto di vista delle imprese capaci di adattarsi al cambiamento. È invece un circolo vizioso per i “non adatti” cioè per le imprese che subiscono la digital disruption, non la capiscono o non la accettano. Per loro l’innovazione è un virus, una forza intangibile che le attacca, le consuma e finisce per distruggerle.